Riportiamo di seguito l’articolo di Massimo Venturelli pubblicato nell’edizione odierna de La Voce del Popolo

Un rapporto presentato da Centriditalia, Openpolis e Actionaid mette in risalto i limiti del sistema nazionale.
La realtà bresciana, però, è diversa
Di Massimo Venturelli per La Voce del Popolo

Nei giorni scorsi Centriditalia, Openpolis e Actionaid hanno presentato “Il vuoto dell’accoglienza” dedicato allo stato di salute del sistema nazionale fatto di Hotspot, Cas e progetti Sai. Il quadro che ne emerge non è confortante: gestione irrazionale, assenza di programmazione, criteri discriminatori di accesso alle strutture e ai diritti sono le criticità più evidenti del sistema, che mettono in evidenza una realtà diversa da quella raccontata anche in queste ore dai media, che parlano di strutture al collasso per l’arrivo sempre più massiccio di profughi. Anzi, secondo il rapporto, pare che quello del sovraffollamento delle strutture sia un non problema.

Vuoto. Secondo i dati raccolti con non poche difficoltà dalle tre realtà che hanno messo mano al rapporto, il sistema italiano dell’accoglienza di tutto soffrirebbe fuorché del fenomeno dell’“overbooking”, con il 20% dei posti a disposizione non occupati. La situazione sarebbe il frutto di difficoltà di programmazione a livello nazionale, con politiche che tendono ad affrontare il tema dell’accoglienza con un approccio emergenziale. Fortunatamente, però, ci sono anche esempi di buon funzionamento del sistema dell’accoglienza e uno di questi è quello bresciano, dove i posti disponibili nei Centri di accoglienza straordinaria, come conferma la Prefettura sono praticamente utilizzati al completo e i progetti Sai funzionano al meglio.

Cooperazione.Quello realizzato da noi è un sistema capace di fare scuola in Italia. Nella nostra provincia, infatti, è stato possibile creare e istituzionalizzare un coordinamento dei progetti Sai che operano sul territorio che si trovano periodicamente per aggiornarsi e confrontarsi”.

Queste le parole con cui Maddalena Alberti, del già citato coordinamento, spiega come la realtà bresciana sul fronte dell’accoglienza di profughi e richiedenti protezione internazionale sia decisamente diversa rispetto a quella presentata nel rapporto “Il vuoto dell’accoglienza”.

Sistema.Il sistema realizzato a Brescia dai Sai (frutto della collaborazione tra Enti locali, titolari del progetto, e realtà del Terzo Settore a cui è affidata la gestione, ndr) – continua ancora Maddalena Alberti – è particolarmente stimato anche dal servizio centrale di Roma, perché consente di evitare quelle criticità che emergono anche dal rapporto, a partire dal sottoutilizzo dei posti a disposizione per l’accoglienza”. Il dialogo costante tra i diversi progetti attivi nel Bresciano consente, infatti, non solo l’adozione di criteri di gestione uniformi con evidenti economie di scala, ma anche, grazie a un filo diretto con la Prefettura, il pieno e continuativo utilizzo dei posti disponibili per i profughi”.

Azione. Il Coordinamento provinciale dei Progetti Sai (Sistema di accoglienza e integrazione del Ministero dell’Interno) della provincia di Brescia, nato nel 2016, raccoglie i Comuni e gli enti gestori dei 12 Progetti del Sistema di accoglienza e integrazione della provincia di Brescia, ha affinato negli anni la sua presenza e la sua azione, grazie anche all’attività di una segreteria che è finanziata dalla Provincia di Brescia. Tra micro-accoglienza diffusa e progetti Sai, quella del coordinamento bresciano oggi è una realtà che mette a disposizione 627 posti divisi in 12 progetti. “L’azione del coordinamento – sono ancora considerazioni di Maddalena Alberti – consente di ottimizzare anche la risorse che lo Stato mette su questi progetti, facendo in modo che non uno degli euro messi a disposizione del sistema dell’accoglienza vada sprecato”. Un ulteriore riconoscimento della bontà del progetto Brescia arriva anche dai frequenti inviti che il coordinamento provinciale riceve dal sistema centrale di Roma per iniziative di formazione e aggiornamento in altre realtà del Paese.

Traguardi. Grazie al coordinamento, ricorda ancora la sua responsabile, i progetti ricevono tutti lo stesso tipo di compenso mensile e riescono a organizzare la formazione degli ospiti in modo trasversale. “I traguardi raggiunti – continua ancor Maddalena Alberti – sono anche il frutto della grande disponibilità al confronto e all’ascolto reciproco dimostrata dai diversi soggetti coinvolti nel Coordinamento provinciale. Tutte le realtà sono state disponibili a rinunciare a un pezzettino della propria autonomia a favore di un lavoro di rete e di sistema. Questo succede molto raramente”.